La vita nascente è un’opera d’arte, vogliamo deciderci a proteggerla?
di Luisa Santolini
Referente rapporti istituzionali della Rete per la Giornata della Vita nascente
Da Avvenire, lunedì 18 marzo 2024
Il 23 marzo a Modena la Giornata della Vita nascente indica qual è il centro del “bene comune” che la politica vuole perseguire. Non “una giornata in più”, ma quella che può far cambiare il Paese
Sì, davvero la vita è un’opera d’arte. Trovo bellissima l’immagine di un bimbo che con la testolina appoggiata su minuscole braccia sorride alla sua vita e, tutto contento, la immagina ricca di futuro, di allegria, di giochi e di amore. È la locandina del “Festival della vita nascente”, in calendario a Modena il 23 marzo.
Non è un caso che avvenga quando la primavera è appena cominciata. La vita nascente, a ben pensarci, è la primavera della vita. Poi verrà anche l’inverno, certo, ma è ancora lontano. E la primavera, questa primavera della vita, è ricca di promesse, di speranze, di attese. Vengono in mente le parole di papa Francesco: «In Italia questo inverno demografico finisca, e fiorisca una nuova primavera di bambini e di bambine».
La primavera della vita non solo è un’opera d’arte ma vince sempre su tutto e su tutti: sul dolore, sulla sofferenza, sulla povertà. Sulle lacrime, sugli addii, sui lutti, sulla morte. La vita vince perché è bella e la bellezza salverà il mondo. La vita salverà il mondo. È questo il messaggio che vogliamo far partire da Modena e la segreta speranza è che questo messaggio diventi contagioso, travolgente, convincente, per toccare i cuori e la mente di chi non ci crede più, di chi è troppo ripiegato su sé stesso per leggerlo, di chi è stanco e non ce la fa a credere ancora che la vita sia un’opera d’arte, sempre.
Siamo un gruppo di amici innamorati della vita e siamo certi che questo messaggio arriverà. E quando arriverà la conseguenza più immediata sarà quella di promuovere, presso i Comuni e poi a livello nazionale, l’istituzione della Giornata della Vita nascente. Una proposta, la nostra, non gridata, non polemica, non offensiva, ma declinata in modo sommesso, amichevole, sorridente davanti a un mondo troppo spesso violento, troppo spesso indifferente e apatico, troppo spesso arrabbiato e aggressivo nei confronti di chi vuole affermare che non ci sono vite degne o indegne di essere vissute; ci sono solo vite uniche e irripetibili, opere d’arte immortali, presenze indispensabili dovunque siano e degne della massima protezione e rispetto. Sempre.
Molto spesso, in questa nostra epoca tanto travagliata, si sente parlare convintamente di bene comune, ma a questo concetto che indica un obiettivo quasi mai viene associato quello della vita buona, della vita bella, della vita senza aggettivi, che è insieme il presupposto e il fine del bene comune. Senza questo certificato di presenza della vita il bene comune non ha senso. E infatti altrettanto spesso il bene comune è un concetto vago, un bene immateriale, una declinazione impossibile. Ecco, noi desideriamo contribuire alla costruzione del bene comune e della vita che è sotto attacco in ogni latitudine e per le ragioni più diverse. La cultura della vita parte dalla vita nascente e arriva all’accettazione del mistero. Il mistero ha fatto formulare in tutte le epoche le più formidabili domande sui perché della vita e della morte. Io penso che, al di là delle speculazioni filosofiche, il mistero vada accettato e non subìto. Il mistero non è una spericolata avventura nell’ignoto ma una presa di coscienza che con il mistero, volenti o nolenti, dobbiamo fare i conti tutti i giorni della nostra vita, nella certezza che un giorno avremo tutte le risposte e la Vita avrà l’ultima parola.
Ecco, occorre celebrare la cultura della vita, e dunque occorre anche celebrare le famiglie, che accolgono la vita, la proteggono, la rispettano e la fanno crescere. Ma non è sempre così, purtroppo. La famiglia sembra essere disorientata e debole, gli orizzonti verso cui si muove sono privi di una stella polare di riferimento, ogni ruolo e ogni compito sono messi in discussione, gli ideali e i valori sono quasi inesistenti. e quando esistono possono essere soppiantati da obiettivi “effimeri” che nulla hanno a che fare con quei valori e quegli ideali. Nelle famiglie si fanno strada nuove povertà di cui è urgente farsi carico e che esigono una risposta. Sì, è vero, il problema più serio e più grave della vita nascente è proprio quello culturale, ma anche la cultura contro la famiglia fatalmente mina alla base i pilastri della vita, annienta i giovani, si insinua come un fiume limaccioso e sotterraneo nel cuore e nella mente delle persone. E non possiamo immaginare che tutte le famiglie siano in grado di far fronte da sole a una mentalità che giorno per giorno scardina i fondamenti etici e i valori basilari della nostra società.
Sappiamo tutti che le politiche familiari, soprattutto nel campo della accoglienza della vita, sono tutte interconnesse e che quindi per orientare una famiglia alla vita la si deve mettere in condizione di affrontare con serenità questa meravigliosa “avventura”. Ebbene, noi vorremmo, a partire dal 23 marzo, invitare la politica ad abbandonare una storica neutralità nei confronti della vita nascente e sollecitare la cosa pubblica a impegnarsi con azioni concrete che riguardino la struttura, l’assetto, il fine ultimo della polis, per scongiurare quella corsa verso il suicidio demografico che un giornale degli Stati Uniti ha definito apocalittico.
Le famiglie da sole non ce la faranno. Nessuno ce la farà se non si produce un grande sforzo collettivo per dare risposte alle domande dei nostri giorni, uno sforzo che sia in grado di proporre alternative positive in opposizione alla cultura della morte. Le risorse non mancano, abbiamo dentro di noi immensi magazzini di vita e di risorse non utilizzati. Dobbiamo solo aprirli per celebrare degnamente la vita, quella vita nascente che è davvero un’opera d’arte.
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