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Il settore farmaceutico dà il buon esempio sulla natalità

da Avvenire, Maurizio Carucci

Cattani: «Nelle nostre aziende un numero di figli superiore del 45% rispetto alla media nazionale». Roccella: serve la collaborazione di tutti. Schillaci: la denatalità è la vera emergenza

«Aiutare chi vuole diventare genitore. È una delle mission delle imprese farmaceutiche per i propri dipendenti attraverso strumenti concreti di welfare, prevenzione e formazione. Misure che hanno contribuito a far registrare nelle nostre aziende un numero di figli superiore del 45% rispetto alla media nazionale. Nelle nostre imprese, le donne sono il cuore pulsante della ricerca: il 53%. Rappresentano il 45% del totale e il 46% di quadri e dirigenti. A dimostrazione che oggi la maternità è più diffusa dove l’occupazione femminile è più alta». Lo afferma con orgoglio Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, nel corso del convegno giunto alla settimana edizione dal titolo La natalità: una questione di coppia.

Nell’industria farmaceutica sono circa 70mila gli addetti diretti altamente qualificati. Una cifra che negli ultimi cinque anni ha registrato una crescita del 9%, con un picco del 15% di giovani e donne. Grande attenzione viene dedicata ai giovani, alla loro crescita e alla formazione. Con iniziative continue nelle scuole, nell’Its Pharma Academy, nelle Università per offrire un bagaglio di competenze sempre più complesse e hi tech, richieste per lo sviluppo di nuove figure professionali (Data Scientist, Data Analyst, Digital Marketing, Robotics & AI Engineer). Grazie a un modello di relazioni industriali moderne e all’avanguardia, il comparto ha strumenti concreti ed efficaci per venire incontro alle specifiche necessità dei collaboratori che riguardano diversi campi: sanità, formazione, conciliazione vita-lavoro, genitorialità, assistenza, sviluppo professionale, politiche di inclusione e diversità, pari opportunità. Oggi “quota 2”, che rappresenta il tasso di sostituzione demografica, è un miraggio. Eppure, nelle donne, il desiderio di maternità resta alto: infatti solo il 2% delle donne dichiara di non avere i figli nel proprio progetto di vita. Di qui la necessità di realizzare le condizioni perché ciò avvenga. La bassa natalità rappresenta infatti un vero e proprio rischio per la tenuta del patto sociale, dai rapporti intergenerazionali alla sostenibilità dei conti pubblici ed è una minaccia per la vitalità della nostra società e la sua capacità di crescita.

«La “transizione demografica” – riprende Cattani – sta portando a una società con nuovi connotati. Un tema che riguarda da vicino l’industria: come forza produttiva siamo preoccupati per uno squilibrio demografico che mette a rischio la sostenibilità di lungo periodo del sistema sanitario, nostro principale interlocutore. Come corpo intermedio attore delle relazioni industriali il timore riguarda il mondo del lavoro, perché sappiamo che l’innovazione richiede vitalità e il ricambio generazionale è indispensabile. E come professionisti del sistema salute sappiamo che la prevenzione ha un forte rilievo anche sul piano della fertilità maschile e femminile. E vogliamo mettere le nostre forze fatte di competenze, ricerca e produzione al servizio di questo compito».

Anche per Eugenia Roccella, ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, «il problema demografico non si risolve solo con interventi di governo, ma anche con la collaborazione di aziende, enti locali, associazioni e sindacati. Il governo ha fatto la sua parte e anche con buoni risultati: vediamo l’aumento dei posti di lavoro dell’occupazione femminile, in questo anno e mezzo di governo. Siamo intervenuti sui congedi, sugli asili, sulla decontribuzione per le donne con due figli, perché sappiamo che la discriminazione e le dimissioni dal lavoro si intensificano proprio al secondo figlio, ma non basta. L’invecchiamento complessivo della popolazione significa problemi di sostenibilità, meno capacità di innovazione e di energie fresche».

Per il ministro è importante «quello che molte aziende farmaceutiche fanno proprio per conciliare lavoro e vita privata dei dipendenti: Farmindustria ha aderito anche al Codice deontologico, che noi abbiamo lanciato. Abbiamo due iniziative, la certificazione di genere, su cui abbiamo già oltrepassato l’obiettivo che c’eravamo posti per il 2026, e il Codice deontologico, che invece ha adesione volontaria: non prevede premi, ma implica uno sforzo di collaborazione per raggiungere l’incremento di natalità da parte dell’azienda». Roccella ricorda anche il progetto Italia delle donne: «La storia d’Italia, così come quella di altri Paesi racchiude infatti in sé le storie di molte figure femminili di grande valore, che hanno contribuito, spesso rimanendo nell’ombra, allo sviluppo dei territori ai quali erano profondamente radicate. Che siano state artiste, letterate, scienziate o figure legate alla politica, alle istituzioni e all’economia, si tratta di donne che hanno costruito un legame profondo con le loro comunità, influenzandone in qualche modo il destino. Recuperare la memoria di queste donne dimenticate, partendo proprio dai territori che, talvolta inconsapevolmente, la custodiscono, è quindi una grande opportunità, sia per gettare una luce nuova sul contributo femminile alla storia del nostro Paese, rendendolo visibile e riconoscibile, sia per dare nuova linfa a quegli stessi territori, i quali potranno scoprire, e quindi valorizzare, luoghi e percorsi finora sconosciuti».

«La denatalità e l’invecchiamento demografico sono ormai un’emergenza che richiede interventi concreti, e questo governo ci sta finalmente lavorando – conclude il ministro della Salute Orazio Schillaci -. Il sostegno alle famiglie e alle nascite non è uno slogan, siamo passati ai fatti. Ma la sfida non è facile: siamo di fronte a un fenomeno estremamente complesso. Le coppie rinunciano ad avere bambini e sempre più spesso le donne abbandonano il sogno di diventare mamme già da giovanissime. Le cause possono essere molteplici: una condizione economica sfavorevole, la paura di perdere il posto di lavoro, l’assenza di una reale consapevolezza della propria fertilità, che per una donna è all’apice tra i 20 e i 30 anni». Tra le iniziative del ministero, un tavolo tecnico sugli stili di vita «per favorire la fertilità, che abbiamo voluto istituire e che si è insediato lo scorso luglio, sta già lavorando a numerose iniziative» e poi «la realizzazione di un cortometraggio rivolto a ragazze e ragazzi fra i 15 e 25 anni per spiegare quali siano le abitudini comuni che proteggono o al contrario mettono a rischio la salute riproduttiva. Credo sia fondamentale offrire ai giovani la possibilità di riflettere sulla complessità e le conseguenze delle proprie scelte quotidiane, dei comportamenti salutari o meno che si adottano. Nelle scuole e nelle Università saranno inoltre promossi incontri, sulla base di documenti scientifici, per illustrare la relazione tra stili di vita e fertilità anche in diversi Atenei italiani specializzati nelle professioni sanitarie saranno organizzati presentazioni e dibattiti».

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